giovedì 10 ottobre 2013

Immigrazione clandestina: Il naufragio della Bossi-Fini: tribunali intasati, rimpatri col contagocce e un miliardo di euro in fumo

Fini, Berlusconi e Bossi (foto Ansa)

In Italia c'è una macchina che non cammina, ma costa cara. È la Bossi-Fini: il complesso meccanismo di contrasto all'immigrazione irregolare, fatto di espulsioni, Cie e reato di clandestinità, non ha infatti mai girato a pieni regimi. I numeri stanno lì a dimostrarlo. Partiamo dal reato-manifesto introdotto nel 2009: dalla procura di Agrigento (ora impegnata con i sopravvissuti di Lampedusa) si ricorda che dall'entrata in vigore del reato di immigrazione clandestina nella sola Città dei Templi sono stati aperti 511 fascicoli, per 12.867 indagati. Un lavoro immane e costoso.

Contro il reato l'ufficio giudiziario, guidato da Renato Di Natale, ha sollevato infatti eccezione di costituzionalità, rigettata però dalla Suprema Corte nel 2011. I pm hanno poi richiesto l'archiviazione per gli indagati, puntualmente rigettata dal giudice di pace che ha invece imposto l'imputazione coatta con successiva condanna: una sanzione amministrativa di 5.000 euro.

Peccato che ad Agrigento nessuno ricordi che ne sia stata mai pagata una. In compenso sono lievitati i costi e l'impegno di uomini e mezzi per identificazioni, notifiche, processi, traduzioni e la parcella degli avvocati, che sono sempre d'ufficio e quindi a carico dello Stato.

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