mercoledì 16 ottobre 2013

Immigrazione: Per gli immigrati, non perdiamo la testa



Alla stazione di Wolfsburg, in Germania, un treno scarica uomini venuti dal Sud in cerca di un lavoro 

Wolfsburg, Germania, un treno scarica uomini venuti dal Sud in cerca di un lavoro

Emigrazione: siamo al panico. Come nel caso degli incendi nei locali pubblici dove si muore appunto per panico nell’ansia di sfuggire alle fiamme. La politica di taluni finalmente trova la colpa più eloquente per addossarla agli avversari. E intanto i problemi non si risolvono. La scienza delle Relazioni pubbliche ci suggerisce qualche sistema utile e modelli da imitare. (Ne parlai con umiltà in un libretto “La scienza delle relazioni pubbliche e l’emigrazione”; Bonfirraro ed.).
Il public relation manager, dunque, che cosa farebbe per affrontare il problema secondo le teorie esposte?
Facciamo un esempio: dividere, anzitutto, la grande massa del pubblico emigrato, individuando tutti i pubblici che lo compongo. Per nazionalità, per affinità, per razza, per religione, per età, per stato civile, per tendenze, per aspirazioni, per vocazione, per carattere linguistico e culturale. Con particolare attenzione al pubblico speciale: donne, vecchi, bambini e disabili.
Lo stato di salute del singolo. La provenienza e le situazioni familiari. Le vocazioni lavorative.
Insomma con una creazione di pubblici e sottopubblici, la più ricca possibile, al fine di conoscere tutti i caratteri e le diversità, per provvedere al meglio lo sviluppo e la sistemazione.
L’impatto disordinato con la massa eterogenea porta soltanto alla confusione. Mentre una razionale analisi per categoria è indispensabile, magari con la collaborazione degli interessati stessi (si dice che l’ammalato, come prima cosa, deve credere nella guarigione e poi deve avere fiducia nel medico e nelle cure per guarire).
Sono stati riportati molti episodi di successo, non escluso il fatto sconvolgente determinato dal crollo del “muro di Berlino”, quando milioni di tedeschi dilagarono per la Germania, in uno stato non meno felice degli emigrati odierni del nord Africa.

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